Il Sestiere di Santa Croce

porta d'ingresso in città per chi arriva dalla terraferma.

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Il Sestiere di Santa Croce

É il più piccolo dei Sestieri di Venezia, attualmente la porta d’ingresso per chi arriva dalla terraferma.

Si estende da Piazzale Roma fino alla zona del Mercato di Rialto, comprendendo edifici antichissimi, moderni e contemporanei.

Infatti Piazzale Roma, terminal automobilistico della città, è un'area in cui si concentrano strutture come il Garage Comunale, il People Mover e i tanto discussi Cittadella della Giustizia (sede di Uffici Giudiziari), Ponte della Costituzione (Calatrava) e il 'cubo bianco' dell'Hotel di Santa Chiara.

Prende il nome dall'antichissima chiesa di Santa Croce, il cui impianto originale risaliva al VII secolo e di cui resta solo una colonna attualmente incorporata nel muro che circonda i Giardini Papadopoli.

In origine scarsamente edificato, era zona di paludi e saline, chiamata ‘Luprio’ perché, come dice Tassini in ‘Curiosità veneziane’ era forse infestata dai lupi.

Fu in seguito bonificato per far posto, fino alla prima metà del XIX secolo alla coltivazione di orti e vigne.

Occupava anticamente un’area periferica della città, in quanto prima della costruzione del ponte ferroviario (fatta dagli Austriaci nel 1846) e successivamente di quello della Libertà, per il passaggio delle automobili (opera del regime fascista del 1933, con il nome di ponte Littorio), si raggiungeva Venezia solo in barca, approdando alla fondamenta delle Zattere nel Sestiere di Dorsoduro.

Fu con l’arrivo della ferrovia che iniziò una intensiva attività di edilizia popolare che portò gradualmente alla ridimensionamento di questa estesa area verde di cui oggi rimangono solo i Giardini Papadopoli.

Pochi rispetto agli altri Sestieri, ma non per questo meno architettonicamente ed artisticamente interessanti, gli edifici degni di nota.

Le chiese

Di fronte alla Stazione, la prima chiesa a catturare l’attenzione come ‘macchina scenica’ rotonda, posta all’inizio del Canal Grande, è quella di San Simeon Piccolo (SS. Simeone e Giuda Apostoli).

Opera settecentesca neoclassica di Giovanni Scalfarotto, con chiari richiami al rinascimento di Palladio e al sobrio barocco di Longhena, ricorda con le sue forme il Pantheon romano. Costruita al posto di un edificio molto più umile e di dimensioni inferiori, che le aveva fatto meritare l’attributo ‘piccolo’, colpisce per le sue grandi proporzioni.

Sant’Andrea della Zirada, situata sulla fondamenta di Santa Chiara, nascosta dalla rampa del ponte della Libertà, presenta una delle più belle facciate gotiche della città. 

Della fine del ‘400, restaurata nel 1974, ma chiusa al culto ed al pubblico, deve il suo nome alla stretta virata a cui i barcaioli erano costretti per imboccare la curva del canale adiacente.

San Cassian (SS. Cassiano e Cecilia), forse risalente al X secolo, con tutta probabilità fu ricostruita nel XII, in una zona della città molto frequentata a causa dell’espansione del vicino mercato di Rialto. All’interno opere del tiepolesco Costantino Cedini e di Jacopo Tintoretto. Mentre la chiesa risente di invasive opere di rimaneggiamento secentesco, il campanile conserva le sue originali forme del ‘200.

San Giacomo dall’Orio (San Giacomo Apostolo). Forse la più interessante del Sestiere, ha la particolarità di offrire un ingresso dal transetto, mentre la vera facciata è orientata verso il canale. Fondata verso il X secolo, fu totalmente ricostruita nel 1225. Deve il suo nome, così come tutta questa zona al già citato ‘Luprio’ o alla presenza di un albero di alloro nell'area in cui fu edificata: ‘Lauro’ (come suggerisce Lorenzetti nella sua ‘Guida di Venezia’). L’interno mantiene una chiara impronta gotica e si caratterizza per il bellissimo soffitto a carena di nave con travi decorate.

La chiesa e la sacrestia custodiscono tra le altre, opere di Palma il Giovane, Francesco Bassano, Paolo Veronese, Lorenzo Lotto.

Santa Maria Materdomini, consacrata nel 1540, presenta una semplice facciata in pietra d’Istria probabilmente progettata da Jacopo Sansovino. Al suo interno la tela ‘Invenzione della Croce’ di Jacopo TintorettoSorge presso uno dei più suggestivi campi veneziani, vera antologia degli stili architettonici della Venezia più antica, fra cui risalta la meravigliosa pentafora trilobata del quattrocentesco Palazzo Zane.

 

San Simeon Grando (San Simeone Profeta). La tradizione vuole fosse fondata nel 967. Oggetto di numerosi rimaneggiamenti, l’attuale facciata neoclassica risale al 1861Curiosa la motivazione del rifacimento pavimentale del 1630, che fu ordinato (previa bonifica) dal Provveditore alla Sanità dopo che il parroco, contravvenendo alle più elementari norme igieniche, vi aveva fatto seppellire il corpo di un appestato. All’interno opere di Palma il Giovane e Jacopo Tintoretto. Interessante l’altare dedicato dalla Scuola dei Garzotieri, i cardatori di lana che operavano nella vicina fondamenta di Rio Marin. Suggestiva la pietra tombale (inizi del secolo XV) di un vescovo orante, murata sotto il portico laterale.

San Stae (sant’Eustachio). Sede parrocchiale già nel 1127, fu ricostruita nel 1678.  Ben visibile dal Canal Grande presenta un’imponente facciata neoclassica terminata nel 1709. All’interno opere di Sebastiano Ricci e di Giambattista Piazzetta e del Tiepolo. A fianco la Scuola dei battioro e tiraoro.

I Tolentini (San Nicolò da Tolentino) La chiesa è chiamata dei ‘Tolentini’ dal nome con cui i veneziani identificavano i padri teatini che fecero edificare la chiesa, esuli a Venezia a causa del sacco di Roma del 1527. Inizialmente affidata all’architetto Vincenzo Scamozzi (autore di importanti interventi nell’area marciana), per questioni di budget, la costruzione fu compiuta da un semplice chierico. La facciata dalle forme neo palladiane è opera di Andrea Tirali, terminata nel 1714. All’interno l’altare maggiore di Baldassare Longhena è del 1661. L’annesso convento è ora la sede dell’Università di Architettura.

San Zan Degolà (San Giovanni Decollato). Di origini antichissime (VII o VIII secolo), nonostante gli innumeri interventi, tra cui la facciata settecentesca, restituisce ancora l’aspetto veneto-bizantino, oltre a conservare prestigiosi affreschi di scuola bizantina del XIII-XIV secolo e un’Annunciazione musiva del XIII.
Attualmente il Patriarcato ne ha concesso lo spazio ai fedeli Ortodossi residenti a Venezia, per la celebrazione dei loro riti.

Palazzi

Fontego dei Turchi (vai alla scheda dedicata nella nostra 'Guida a Venezia')

Fontego del Megio
Costruito nel XIII secolo con la struttura di fontego affacciato sul Canal Grande, era il magazzino in cui la Repubblica conservava il grano prima e il miglio poi. Da qui il nome.

Palazzo Mocenigo
L’edificio, situato nei pressi della Chiesa di San Stae, risale al XVI secolo ma l’aspetto attuale risente degli interventi secenteschi voluti dalla famiglia Mocenigo.
Attualmente è sede del ‘Museo del Tessuto e del Costume’ con percorsi dedicati al profumo.

Ca’ Pesaro


Il Palazzo fu progettato da Baldassarre Longhena nel ‘600 e alla morte dell’architetto completato da Antonio Gaspari nel 1710.  Capolavoro del barocco veneziano, ne risulta alleggerito dalla lezione sansoviniana. La grandiosa facciata sul Canal Grande è adornata da monumentali statuemascheroni, teste di leoni e di mostri e poggia su un pianterreno con decorazione a bugnato. L’interno conserva affreschi e decori di grande valore artistico, tra cui il soffitto di G.B.Tiepolo, trasportato qui nel 1935 da Ca’ Rezzonico. É sede della Galleria Internazionale di Arte Moderna e del Museo Orientale.

Ca’ Corner della Regina
Nell’area in cui preesistevano le case della famiglia Corner in cui era nata Caterina che sarebbe diventata Regina di Cipro, fu costruito questo Palazzo sul Canal Grande che da lei prese il nome. Il progetto fu eseguito nel XVIII secolo dall’architetto Domenico Rossi, che si ispirò alle nuove linee della vicina Ca’ Pesaro. Presenta elementi di originalità nella distribuzione delle superfici e dei volumi pur con chiari rimandi all’architettura rinascimentale. Attualmente è sede della Fondazione Prada e ospita mostre d’arte contemporanea ed attività culturali.

Curiosità

la Riva di Biasio, lunga fondamenta sul Canal Grande, deve il suo nome alla macabra storia di Biagio Cargnio, un luganegher famoso in zona nei primi anni del ‘500.
La sua bottega era conosciuta per l’ottimo sguazeto, un intingolo di carne e spezie, molto apprezzato. Un giorno però un inorridito avventore trovò nella sua scodella una falange umana con tanto di unghia. La carne, tanto gustosa e prelibata era quella di un bambino ucciso e cucinato dal diabolico salsicciaio. In questo periodo infatti in città si era verificata la sparizione di alcuni bambini. La Quarantia Criminale che ispezionò le cucine trovò parti di bambini tagliati a pezzi e tritati pronti a diventare l’ingrediente segreto del ‘sguazeto’ di Biagio. Condannato a morte, il serial killer fu legato per i piedi ad un cavallo e trascinato fino alle prigioni dove fu torturato, gli furono mozzate e appese al collo le mani e quindi fu condotto tra le colonne di Marco e Todaro in Piazza San Marco, dove venivano eseguite le condanne capitali. Secondo una versione popolare la sua testa decapitata fu esposta in Campo San Zandegolà e da quel momento la riva dove sorgeva la sua abitazione, che fu rasa al suolo, prese il suo nome ad eterna memoria di un crimine così efferato.

 

Fonti: G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario

          G. Tassini, Condanne capitali

          Le Chiese di Venezia a cura di S. Vianello

          Venipedia

          Wikipedia

         

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