21/06/2025 Ora 19:00
Conservatorio di Musica "Benedetto Marcello"

Art Night 2025 al Conservatorio

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Descrizione

Sabato 21 giugno 2025, dalle ore 19:00 alle 00:40 – Sala Concerti

 

CALENDARIO

19.00-19.30 Concerto Atmosfere barocche

19.30-20.00 Concerto Omaggio ad Alessandro Scarlatti, per i 300 anni dalla morte

20.00-20.30 Concerto Canti e rituali del Jazz caraibico

20.30-21.50 Concerto In un salotto borghese non può mai mancare un pianoforte” (Flaubert, Bouvard et Pécuchet)

21.50-22.30 Concerto Espaces imaginaires, musiche di F. Chopin (1810-1849)

22.30-00.30 OVERARTNIGHT SENSATION con Visioni generative a cura di Igor Imhoff

00.30-00.40 The Whale Project

 

 

Prezzo
Free
Informazioni aggiuntive
PROGRAMMA
 
19.00-19.30 Atmosfere barocche

La melancholia di Froberger, la ricchezza ritmica di J. Fischer, la sontuosa sonorità di J. C. F. Fischer, l’eleganza melodica di Haendel: al di là della spettacolarità, il Barocco rivela atmosfere diverse.

Il Lamento sopra la dolorosa perdita della Real Maestà… di J.J. Froberger – quasi un recitativo strumentale – utilizza lo style brisée in un continuo avvicendamento di tensioni e distensioni armoniche che sembrano nascere liberamente dalle dita dell’esecutore, meravigliosa trasfigurazione sonora del lutto.

Un colore insolito e particolarmente interessante è quello dello chalumeau, strumento ad ancia semplice predecessore del clarinetto, protagonista della suite in stile francese di J. Fischer. A J. C. F. Fischer viene spesso attribuito il merito di aver portato in Germania lo stile francese, facilmente riconoscibile nella famosa e virtuosistica Passacaglia tratta dalla suite dedicata ad Uranie, musa dell’Astronomia.

La Sonata in quattro movimenti di G. F. Händel si apre con un’ampia melodia proposta nel Larghetto dal flauto e sostenuta dal clavicembalo, cui seguono un elegante Allegro, una calma e distesa Siciliana ed una vivace Giga.

 

PROGRAMMA – 28′

  • Johann Jakob Froberger (1616 – 1667)

Lamento sopra la dolorosa perdita della Real Maestà di Ferdinando IV Rè de Romani (dalla Partita FbWV 612, 1656)

Zhibo Zhang, clavicembalo

 

  • Johann Fischer (1646 – 1721)

Suite in re minore (da Musikalisches Divertissement, 1699)

Ouverture (Maestoso-Allegro)

Aria

Minuetto

Giga

Sarabanda

Minuetto

Passpied

Silvia Dell’Agnolo, chalumeau

Sara Bandiziol, clavicembalo

 

  • Johann Caspar Ferdinand Fischer (1656 – 1746)

Passacaille dalla suite Uranie (Musicalischer Parnassus, 1700)

Miron Konjevič, clavicembalo

 

  • Georg Friedrich Händel (1685 – 1759)

Sonata in fa maggiore Op. 1, No. 11 HWV. 369 (1712)

Grave o Larghetto

Allegro

Alla siciliana

Allegro

Luca Caponetto, flauto dolce

Miron Konjevič, clavicembalo

 

19.30-20.00 Omaggio ad Alessandro Scarlatti, per i 300 anni dalla morte

Il programma di questo evento è un omaggio al compositore Alessandro Scarlatti di cui quest’anno ricorre il 300° anniversario dalla morte e lo faremo eseguendo due delle sue numerose Cantate e un brano del compositore G. F. Händel, che dalle composizioni vocali di Scarlatti trasse ispirazione per i suoi capolavori operistici.

La Cantata è un brano vocale di breve durata assimilabile sotto certi aspetti all’opera lirica, caratterizzato da una sequenza di arie e di recitativi pervase da una meravigliosa varietà di affetti.

Per il compositore palermitano, il genere della Cantata è stato un campo ideale di invenzione e sperimentazione che gli ha permesso di sviluppare la sua arte infinitamente sofisticata e tormentata, ancora poco conosciuta oggi.

Il concerto per arpa e orchestra di G. F. Händel fu scritto per William Powell che era l’arpista ufficiale della casa reale. L’esecuzione avvenne al Teatro Reale presso il Covent Garden di Londra nel 1736 nell’ode Fête d’Alexandre composta per il giorno dedicato a Santa Cecilia.

 

PROGRAMMA

Alessandro Scarlatti (1660-1725)

  • “Ardo, è ver, per te d’amore” – 10′

Cantata per soprano, flauto dolce, e basso continuo

  1. Aria – Ardo, è ver, per te d’amore
  2. Recitativo – T’amo, sì, t’amo, o cara, ma dell’amarti
  3. Aria – Quel vento che d’intorno

Minyoung Park, soprano

Gianvittorio Trevisiol, flauto dolce

Miron Konjevič, clavicembalo

 

Alessandro Scarlatti (1660-1725)

  • “Al fin m’ucciderete o miei pensieri” – 11′

Cantata per soprano e basso continuo

  1. Recitativo – Al fin m’ucciderete
  2. Aria – Io morirei contento
  3. Recitativo – Clori mia Clori bella
  4. Aria Largo – Faria la pena mia

Silvia Vavassori, mezzosoprano

Aliona Kliuchka, violoncello barocco

Davide Pelissa, clavicembalo

 

  • F. Händel (1685 – 1759)

Concerto per Arpa in Sib Mag. Op.4 n.6 HWV 294 – 10′

Andante Allegro – Larghetto – Allegro Moderato

Andreas Dao, arpa

Federico Secchi e Maela Dal Mas, violini

Gianvittorio Trevisiol e Katrin Hauk, flauti dolci

Elettra Bastanzetti, violoncello barocco

Alessandro Zanini, organo

 

20.00-20.30 Canti e rituali del Jazz caraibico

Il progetto “Canti e rituali del Jazz caraibico” fa rivivere antiche partiture contenute in un libro pubblicato per la prima volta nel 1688 grazie all’enigmatica figura di Mr. Baptiste. Il testo testimonia il prezioso resoconto di un viaggio in Giamaica nel quale furono trascritte le melodie degli schiavi afro americani che fanno di Mr. Baptiste il “primo compositore” di musica afro-americana della storia.

PROGRAMMA

  • Angola (Mr. Baptiste) – 6′
  • Papa (Mr. Baptiste) – 9′
  • Koromanti (Mr. Baptiste) – 10′
  • Swing Easy (Rafael Hernandez Martin) – 5′

Gianlorenzo Scarpa, voce e trombone tenore
Luigi Toti, basso
Roberto Vianello, organo e piano elettrico
Dario Sevieri, pianoforte
Francesco Inverno, batteria
Riccardo Caroni, sax tenore
Federico Surrunica, sax tenore

 

20.30-21.50 In un salotto borghese non può mai mancare un pianoforte” (Flaubert, Bouvard et Pécuchet)

L’ironico titolo tratto da Flaubert vuole racchiudere in sé la diversità dei brani presentati: dal viaggio dell’uomo nella sonata di Schubert alle ispirate variazioni brillanti di Schumann, dalle nordiche, austere ballate di Brahms agli aforismi dei variopinti preludi di Šostakovič.

PROGRAMMA

  • Franz Schubert, Sonata in sol magg. D. 894 – 35′

Giovanni Tagliente, pianoforte

  • Robert Schumann, Variazioni Abegg 1 – 8′

Chiara Cerioni, pianoforte

  • Dmitrij Šostakovič, Preludi 34 (scelta, 15′)

Alberto Nocera, pianoforte

  • Johannes Brahms, Ballate 10 n. 1 e 2 – 11′

Agata Bordignon, pianoforte

 

21.50-22.30 Espaces imaginaires, musiche di F. Chopin (1810-1849)

“Sono sempre con un piede da voi e con l’altro nella stanza accanto, dove lavora la Padrona di casa, e assolutamente non mi sento presente a me stesso ma soltanto, come di consueto, in uno strano spazio. Sono di certo espaces imaginaires, ma io non me ne vergogno; esiste da noi un proverbio che dice: «con l’immaginazione andò all’incoronazione»; e io sono perdutamente, un vero mazoviano”.

Così scriveva Chopin alla propria famiglia, in una lettera del luglio 1845.

Gli spazi immaginari cui il compositore polacco fa riferimento sono dimensioni fluide, così affini all’illocality e alla difference di cui scrive Emily Dickinson, popolate a volte da visioni tragiche oppure intensamente struggenti.

Il tono eroico accende le Polacche op. 26, composte tra il 1834 e il 1835, genere in cui al meglio trova voce quella che Cristina Campo ha definito la nobile “sprezzatura”, ovvero quella fierezza audace e aristocratica che caratterizza nel profondo l’animo chopiniano. Intimamente connesse tra loro, i due brani alternano enfasi drammatica e dolce lirismo, contrasto espressivo che ritroviamo anche nello Studio op. 25 n. 10, tra le pagine più dolorose che l’autore abbia mai composto.

Deux nocturnes op. 48, elaborati nel 1841, appartengono invece allo stile maturo e sintetizzano efficacemente la complessità del mondo interiore chopiniano. Nel primo, in do minore, le forme della marcia e del corale confluiscono in una scrittura maestosa, quasi sinfonica, scolpita da poderosi disegni cromatici in ottave che conducono a una ripresa tumultuosa. Nel secondo, in fa diesis minore, la febbrile inquietudine della prima sezione lascia invece spazio, nella parte centrale, a un recitativo disteso, quasi violoncellistico, e a una coda rasserenante, che anticipa le atmosfere  fatate e immaginarie della Berceuse op. 57.

Letizia Michielon

PROGRAMMA

  • Due Polacche op. 26 – 20′

Allegro appassionato

Maestoso

Yun Zhang, pianoforte

 

  • Due Notturni op. 48 – 11′

Lento

Andantino

 

  • Studio op. 25 n. 10 – 4′

Stella Golini, pianoforte

 

22.30-00.30 OVERARTNIGHT SENSATION

 

Con Giovanni Mancuso, Francesco Pavan e l’Ensemble di Musica Contemporanea del Conservatorio di Venezia.

Visioni generative a cura di Igor Imhoff, responsabile delle allucinazioni neurali.

Un percorso visivo e sonoro in continua trasformazione, dove immagini e musica si influenzano a vicenda. Le sequenze si generano in tempo reale, dando forma a spazi astratti che reagiscono alla presenza, al movimento, al ritmo. Ogni visione è il risultato di un equilibrio temporaneo tra suono, gesto e macchina, dove l’immagine non è prevista, ma accade.

 

PROGRAMMA

  • Beat Furrer (1954), LIED (1993) per violino e pianoforte

Il brano fu commissionato dalla Philharmonie Köln per un ciclo di opere di Schubert a cura di Thomas Zehetmair e Siegfried Mauser. Violino e pianoforte non riescono a trovare un metro comune: si avvicinano e poi si allontanano a tempi leggermente diversi. I suoni sembrano ricordarsi a vicenda: il motivo iniziale del brano di Schubert “Auf dem Flusse” (Viaggio d’inverno) sembra udibile, senza essere citato, come se provenisse da lontano. (Beat Furrer)

 

  • Andrew Byrne (1966), GLINTS (2022) per flauto, clarinetto, violino, violoncello e pianoforte

PRIMA ESECUZIONE ASSOLUTA

“Glint”: un piccolo e rapido lampo di luce, spesso riflesso da una superficie lucida.

Il concetto di “luccichio” ispira questo pezzo, fungendo da metafora per frammenti musicali fugaci e in continua evoluzione. Questi lampi effimeri, come la luce che danza su una superficie riflettente, modellano la struttura dell’opera, creando momenti di scintillio, sovrapposizione e dissoluzione.

Il cuore della composizione è costituito da un dialogo tra il pianoforte e quattro strumenti di accompagnamento. Gli strumenti riecheggiano, si espandono e si intrecciano intorno al motivo ricorrente di quattro note del pianoforte: SOL, LA, SI, DO♯. Il materiale resiste a fissarsi in forme fisse, evocando invece l’effetto scintillante attraverso schemi transitori, dinamiche sfumate e sottili interazioni.

Una caratteristica fondamentale del ruolo del pianoforte è l’uso di note ferme, contrassegnate in partitura con “teste di diamante” bianche. Queste sono prodotte dalla mano sinistra dell’esecutore che ferma le corde in prossimità dei perni, producendo un suono percussivo e senza tono. Il pedale di risonanza rimane inserito per tutto il tempo, sostenendo le risonanze e contribuendo alla tessitura stratificata e scintillante del brano. (Andrew Byrne)

 

  • Cesare Saldicco (1976), ACOUSTIC COUNTERPOINT (2010) per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte

Cominciato nel 2005 e revisionato via via fino al 2010, “Acoustic Counterpoint” nasce dall’esigenza del compositore di ricercare nel proprio linguaggio un giusto equilibrio fra musica contemporanea e musica jazz. Da una parte si riscontra l’uso della serialità e del contrappunto, dall’altra una grande varietà ritmica e un’armonia tipica del jazz moderno: l’armonia per quarte.

Il titolo poi, rimanda al celebre lavoro “Electric Counterpoint” del compositore americano Steve Reich, la cui estetica ha ispirato molte generazioni di musicisti. (Cesare Saldicco)

 

  • Mauro Cardi (1955), LUNA LUNAE… (1996) per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte

L’elemento lunare, fondamentale nell’opera di Bellini, costantemente presente nei versi e nei soggetti dei suoi libretti e punto chiave per la comprensione del suo spirito poetico, ha costituito per me una sorta di filo rosso nel riavvicinarmi per questa occasione all’opera del compositore catanese. Vincendo ogni resistenza e anche quel ragionevole pudore che dovrebbe sconsigliare di mettere mani, seppur amorevoli, là dove l’uomo ha raggiunto la perfezione, l’elemento lunare mi ha condotto, infine, proprio laddove il genio di Bellini tocca la sua punta più alta.

Tra le righe del mio lavoro si nascondono infatti materiali tratti da “Casta Diva” ed a volte può capitare che un’eco della luna belliniana finalmente si scorga, che un suo raggio faccia capolino tra due nuvole sonore oppure illumini un profilo melodico. (Mauro Cardi)

 

  • Régìs Campo (1968), POP-ART (2001-2002, edizione rivista nel 2020) per flauto, clarinetto, violino, viola, violoncello e pianoforte

Nel 1957 il pittore Richard Hamilton definì la Pop Art come popolare, effimera, usa e getta, economica, prodotta in serie, spirituale, sexy, piena di trucchi, affascinante e redditizia. Sebbene questa definizione, ovviamente ironica, non corrisponda esattamente al mio lavoro, è comunque parzialmente pertinente allo spirito di questo nuovo brano, e lascio all’ascoltatore il compito di indovinarne le ragioni. È stato composto su richiesta di Laurent Cuniot e dell’Ensemble TM+, e cerca di impostare un ritmo implacabile che diversi elementi vengono a disturbare a turno, a volte a rischio di distruzione, uno degli aspetti della musica che voglio mettere in primo piano. Gli stili esecutivi sono più sviluppati del solito, per cui a volte l’esecutore accarezza lo strumento, altre volte lo colpisce, a volte esso diventa un giocattolo e viene persino baciato furtivamente (anche se solo il flauto e il clarinetto). In questo modo lo sviluppo di fondo dell’opera, serio e rigoroso quanto basta, viene totalmente mascherato da questi vari aspetti teatrali. (Régìs Campo)

 

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Interludio

 

  • Davide Commone, V. – Solstice Cut (2024) – 8′

Fixed media a 16 canali

Davide Commone, regia del suono

 

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  • Luciano Berio (1925-2003), QUATTRO CANZONI POPOLARI (1946-1952) per voce e pianoforte

I. Dolce cominciamento

(anonimo siciliano del XIV secolo) 1946 rev.1973

Dolce cominciamento

canto per la più fina,

che sia al mio parimento,

d’Agri infino in Messina,

cioè la più avvenente,

Oh stella rilucente,

che levi la maitina,

quando m’appare avante

li suoi dolzi sembianti

m’incendon la corina.

 

II. La donna ideale (ignoto genovese)

L’omo chi mojer vor piar,

de quatro cosse dee spiar.

La primera è com’el’è naa,

l’altra è se l’è ben accostumaa,

l’altra è como el è formaa,

la quarta de quanto el è dotaa;

se queste cosse ghe comprendi,

a lo nome de Dio la prendi.

 

III. Avendo gran disio

(Jacopo da Lentini XII – XIII secolo)

Avendo gran disìo

dipinsi una pintura,

bella, a voi somigliante,

e quando voi non vio,

guardo in quella figura,

e par ch’eo v’agia avante.

Al cor m’arde una doglia,

com’om che ten lo foco

a lo suo seno ascoso,

che quanto più lo ’n voglia

allor’ arde più loco

e non po’ stare inchiuso.

Similmente eo ardo

quando passo e non guardo a voi.

Viso amoroso

S’iscite quando passo inver,

voi non mi giro,

bella, per risguardare

andando ad ogni passo

gittane un suspiro

che mi facie angosciare;

e certo bene ancoscio,

ch’a pena mi conoscio,

tanto bella mi pari.

 

IV. Ballo (ignoto siciliano)

La ra la ra la ra li ra la ra la ra…

Amor fa disviare li più sagi

e chi più l’ama men ha in sé misura.

Più folle è quello che più s’innamora.

La ra la ra la ra li ra la ra la ra…

Amor non cura di fare suoi dannagi.

Co li so raggi mette tal calura

che non po’ raffreddare per freddura.

 

  • Morton Feldman (1926-1987), FOR FRANZ KLINE (1962) per corno, soprano, pianoforte, violino, violoncello e percussioni

La mia ossessione per la superficie è il soggetto della mia musica. In questo senso le mie composizioni non sono affatto ‘composizioni’. Le si potrebbe chiamare ”tele temporali” sulle quali stendo per così dire la tinta di fondo della musica. Dipingo questa tela con colori musicali. Ho imparato che quanto più ci si accanisce a comporre o a costruire, tanto più si impedisce che il “Tempo indisturbato” diventi la metafora organizzatrice della musica. (Morton Feldman)

 

  • Louis Andriessen (1939-2021), WORKERS UNION (1975) per ensemble variabile

Si tratta di un brano melodicamente indeterminato, molto rigoroso dal punto di vista ritmico. Le sezioni possono essere ripetute liberamente, dando luogo a esecuzioni di durata variabile. Ogni strumento suona note diverse che seguono lo stesso ritmo e schemi ascendenti o discendenti. Questo crea un pezzo atonale con molte frasi polifoniche. In alcuni punti del brano l’ensemble si divide in due gruppi. I gruppi alternano le linee prima di tornare insieme.

“Solo nel caso in cui interprete suoni con l’intenzione che la sua parte sia essenziale, l’opera avrà successo; proprio come nel movimento politico” (Louis Andriessen)

 

Ensemble di Musica Contemporanea del Conservatorio di Venezia

 

Gloria Ferro, Cristina Ferraioli, soprani

Cristina Rosafio, Xiaonan Wang, flauti

Silvia Dell’Agnolo, clarinetto

Maddalena Domini, corno

Maela Dal Mas, Aurora Ferro, Letizia Manganaro, violini

Francesco Alfonso De Martino, violino e viola

Elettra Bastanzetti, Chiara Trabujo, violoncelli

Marco Centasso, contrabbasso e basso elettrico

Giorgia Zago, chitarra e chitarra elettrica

Ergi Cane, Chiara Di Crescenzo, Caterina Dominici, Jingwei Lu, Giovanni Stevanoni, pianoforte

Riccardo Vendramin, percussioni

Francesco Pavan, direzione

 

00.30-00.40 The Whale Project

Il collettivo musicale e di visualscape “The Whale Project” in collaborazione con il collettivo di artisti multimediali “IndraSynch” sperimentano la fusione di suoni elettronici e acustici con modelli 3D e video proiettati usati come strumento di narrazione.

Il brano fa parte di un’opera più ampia per solisti vocali e danza, ensemble e proiezioni, in cui ci si interroga sulla bellezza dei paesaggi terrestri privi di umanità. Progetto in collaborazione con la Compagnia di danza OMNIA, Cora Gasparotti coreografia.

  • Sviatoslav Avilov e Francesco Inverno, Void – 10′

Sviatoslav Avilov, tastiera
Francesco Inverno, batteria e elettronica
Cristina Scapol, clarinetti
Davide Commone, trombone e elettronica
Davide Da Dalto, violoncello
Bohdana Pechenevska, contralto
Samy Timin, baritono
Liu Rundong, controtenore
Lucia Paccanaro, Alessandro Zanetti (progetto IndraSynch), visuals

 
 
 

 

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