Le ALTANE e i LIAGÒ
ALTANE
Il 27 settembre del 1224 il termine ‘altana’ appare per la prima volta in un documento scritto a Venezia. Matteo Barbani da san Polo ne costruisce una sul rio:
‘Gita motiglioni (modiglioni o pioli) III (tre) per far atana supra rivo’
Giovanni Mansueti 'Miracolo della reliquia della Croce in campo San Lio'
Fino al XII secolo le case dei veneziani erano basse e fatte per lo più di legnami, con tecniche vicine a quelle navali, edificate su terreni bonificati ma non adatti a sopportare il peso di edifici in pietra.
Tra il XII e XIII secolo si definisce il modello urbanistico che resterà alla base dell’edilizia veneziana: pianterreno, ammezzato (mezà) e piano nobile su cui affacciano tutte le stanze.
Già nel XII secolo le case sono arricchite da elementi esterni: poggioli, terrazze e logge di varie dimensioni.
Il 16 agosto 1316 il Maggior Consiglio delibera la distruzione di
‘totae altanae quae sunt supra canale, rivos et vias publicas’.
Si trattava di strutture sporgenti (forse più simili ai liagò) che potevano essere pericolanti perché molto vecchie o instabili.
In quest’epoca i documenti scritti parlano di altane e liagò, intendendo spesso i due termini come sinonimi.
Erano spazi all'aperto molto amati e frequentati dai veneziani ma soprattutto dalle veneziane che qui salivano per stendere il bucato, curare i vasi di fiori e di piante, esporsi al sole lontano da sguardi indiscreti o semplicemente prendere una boccata d'aria.
Vittore Carpaccio 'Il miracolo della reliquia della Croce'
Con le parole di Bettina, Carlo Goldoni nella 'Putta onorata' ci restituisce un frammento di vita quotidiana nella tranquillità e nella pace di questa oasi di fresco:
"Oh caro sto sol! Co lo godo! Sia benedeta st'altana! Almanco se respira un puoco. Mi, che no so de quele che vaga fora de casa, se no gh'avessi sto liogo, morirave de malinconia"
Il Liagò
Il vocabolario del dialetto veneziano di Giuseppe Boerio riporta il termine liagò derivandolo dal greco heliacon o hiliacon, che significa solatìo: luogo esposto al sole.
Simili alle altane del Trecento erano strutture probabilmente antecedenti.
L'architetto ed erudito veneziano Tommaso Temanza (1705-1789) le descrive come strutture, parte integrante delle case veneziane:
“una specie di loggia, aperta dinanzi, ma coperta e chiusa su tre lati. Non aveva né vetrate né imposte, o siano Scuri. Altra loggia sotto di esso serviva d’ingresso, ove avea principio la scala per cui si saliva all’alto. Sicché ogni casa, ordinariamente, non avea che il piano terreno ed un solaio”.
Il passaggio da liagò ad altana è documentato dallo storico Giovanni Battista Galliccioli (1733-1806):
“erano i liagò propriamente le Altanelle, cioè logge o veroncelli di legnami attaccati alle pareti delle case, senza tetto e senza finestre, ad uso principalmente di prendere il fresco, asciugare etc... oggidì ancora se ne vedono alcune ma, dopo edificate tutte le case di pietra, vi surrogano le Vedete o Altane sopra i tetti, e le terrazze o Veroni”.
Ancora il Boerio e lo storico Fabio Mutinelli precisano:
“furono poscia i liagò denominati altane, chiamandosi diagò e non più liagò, quello sporto di una finestra che sia munito di cristalli, d’onde si vede da qualsivoglia parte senza aver uopo di esporsi alle ingiurie della pioggia e del freddo”.
Fin dal XIII secolo la Repubblica istituì tra le varie magistrature quella dei ‘giudici del piovego’ che aveva il compito di vigilare sull’utilizzo degli spazi aerei ed esterni, di regolamentare ‘li Pubblici diritti’ di chi poteva impedire il ‘libero transito’ e ‘occupar Aria’.
I Mureri e i Marangoni, addetti alla costruzione di nuove altane per conto di privati, dovevano attenersi ai proclami di questa magistratura.
Sono molti i documenti conservati all’Archivio di Stato che attestano le licenze rilasciate dai ‘giudici del piovego’, comprese le multe e le pene previste per gli abusi edilizi.
Fonte: 'Le altane di Venezia' di G. Bacchin Reale e E. Pasqualin
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