Intervista a Italo Calvino di Ivo Prandin
Archetipo e Utopia della città acquatica

L’intervista a Calvino fa parte di una serie pubblicata da «Il Gazzettino» in una rubrica intitolata “La loro Venezia” negli anni sessanta.
“Loro” erano visitatori eccellenti o personalità residenti incontrate da Ivo Prandin per la Cronaca veneziana. Le interviste diventarono un libro nel 1968, due anni dopo la “grande paura” per la drammatica acqua alta del novembre 1966.
Italo Calvino, uno dei protagonisti della nostra letteratura, da qualche tempo vive a Parigi dove ha affittato un appartamento in Square de Chatillon: è andato a respirare l’aria di un’altra cultura? O vuole più semplicemente vivere una vacanza? Comunque, è da Parigi che ha risposto ad alcune nostre domande su Venezia, «prima città antieuclidea e perciò modello di città che ha davanti a sé più avvenire» perché ha una dimensione in più, quella dell’acqua.
«Nulla dà l’idea d’una dimensione in più – dice lo scrittore di Ti con zero – quanto le case di Venezia le cui porte s’aprono sull’acqua; è sempre una sfida per la pigrizia mentale dell’uomo di terraferma abituarsi all’idea che è quella la vera porta, mentre l’altra, che dà sul campo o sulla calle, è solo una porta secondaria. Ma basta riflettere un momento per capire che la porta sul canale collega non a una particolare via acquatica ma a tutte le vie dell’acqua, cioè alla distesa liquida che avvolge tutto il pianeta. È questo che si sente nelle case di Venezia: che la porta terrestre dà accesso a una porzione di mondo limitata, a un isolotto, mentre la porta sull’acqua dà direttamente su una dimensione senza confini».
Venezia, in pratica, provoca negli uomini un particolare clima mentale, una geometria speciale, non euclidea appunto: a Venezia la linea più breve che unisce due punti, dunque, non è mai la linea retta.
È questo «che scatena la nostra immaginazione per vie inconsuete; mentre sul piano delle sensazioni percettive non c’è nulla di illimitato, lo spazio si apre e si chiude davanti a noi in configurazioni sempre diverse. È appunto l’estrema diversificazione, la non-uniformità in un’esperienza omogenea lo straordinario risultato di Venezia. Non per nulla la terminologia stradale, qui, è di una ricchezza senza pari: calli campi fondamenta rive salizade sotoporteghi, ogni luogo chiede d’esser nominato con puntigliosa precisione come rivendicando la sua unicità. M’accorgo – nota Calvino – che non riesco a ricordare altrettanti vocaboli che indichino le vie acquatiche: canale, rio, e poi? O si tratta d’una minore ricettività della mia memoria oppure la nostra nomenclatura delle vie d’acqua è più povera, il lessico veneziano non rende ragione della varietà di forme in cui il labirinto lagunare ci introduce. In un caso e nell’altro la spiegazione potrebbe – suggerisce lo scrittore – essere unica: l’acqua è l’elemento unificatore, riceve la sua differenziazione dai luoghi emersi; la laguna è un livello unico, mentre fondamenta e ponti con il loro continuo salire e scendere di gradini introducono l’elemento di discontinuità che è proprio del linguaggio».
Calvino è come ossessionato da quella dimensione in più, dell’acqua.
«Vivere a Venezia prescindendo dall’acqua non vuol dire trovarsi nella condizione degli abitanti delle altre città: si vive in una città in negativo. L’immaginazione si rifiuta di raffigurarsi una Venezia asciutta: se cerco di immaginare i canali che si seccano vedo baratri aprirsi tra le rive, una città d’incubo attraversata da canyons senza fondo. Ovvero, altra sequenza dell’incubo, i canali si richiudono, si rimarginano, avvicinando le mura delle case in stretti vicoli (eppure una Venezia così esiste, la Venezia dei poveri di Castello)».
Qual è, per lei, la realtà futuribile di Venezia?
«Nei progetti delle metropoli del futuro, si vede sempre più spesso apparire il modello veneziano. Per esempio, nelle proposte degli urbanisti per risolvere il problema del traffico di Londra: vie destinate ai veicoli che passano in profondità mentre i pedoni circolano su vie sopraelevate e ponti… L’acqua avrà sempre più posto nella civiltà metropolitana: nel periodo di trapasso che stiamo per vivere, in cui tante città dovranno essere abbandonate o ricostruite da cima a fondo, Venezia, che non è passata attraverso la breve fase della storia umana in cui si credeva che l’avvenire fosse dell’automobile (un’ottantina d’anni soltanto) sarà la città meglio in grado di superare la crisi e di indicare con la propria esperienza nuovi sviluppi».
Dunque, Venezia è una città del futuro, non solo del passato?
«Sì, è così. E Venezia perderà una cosa, il fatto di essere unica nel suo genere. Il mondo si riempirà di Venezie, ossia di Supervenezie in cui si sovrapporranno e allacceranno reticoli molteplici a diverse altezze: canali navigabili, vie e canali per veicoli a cuscino d’aria, strade ferrate sotterranee o subacquee o sopraelevate… È in questo quadro che va visto il futuro di Venezia. Considerarla nel suo fascino storico-artistico è cogliere soltanto un aspetto, illustre ma limitato. La forza con cui Venezia agisce sull’immaginazione è quella di un archetipo vivente che si affaccia sull’utopia».
English version
The interview with Calvino is part of a series published by the Gazzettino in a column entitled ‘La loro Venezia’ (Their Venice) in the 1960s. ‘They’ were prominent visitors or resident personalities met by Ivo Prandin for the Venetian Report. The interviews became a book in 1968, two years after the ‘big scare’ caused by the dramatic high water of November 1966.
Italo Calvino, one of the leading figures in Italian literature, has been living in Paris for some time, where he has rented a flat in Square de Chatillon.
Did he go there to breathe the air of another culture? Or does he simply want to enjoy a holiday?
In any case, it is from Paris that he has replied to some of our questions on Venice, ‘first anti-Euclidean city and thus a model of a city that has more future ahead of it’ because it has an extra dimension, that of water.
‘Nothing gives the idea of an extra dimension like the houses of Venice, whose doors open onto the water’, says the writer of t Zero. ‘It is always a challenge for the mental laziness of the man from the mainland to get used to the idea that that is the real door, while the other one, which opens onto the campo or calle, is only a secondary door. But you only need to reflect for a moment to understand that the door onto the canal connects not to one particular waterway, but to all waterways; that is, the liquid expanse that envelops the entire planet. This is what you feel in the houses of Venice: that the land door gives access to a limited portion of the world, to an isle, while the door onto the water leads directly to a boundless dimension.’
Venice actually provokes in men a particular mental climate, a special geometry – precisely, non Euclidean: in Venice the shortest line between two points is never a straight one.
It is this, says Calvino, ‘that unleashes our imagination onto unusual pathways; whilst there is nothing unbounded on the level of perceptive sensations, space opens and closes before us in constantly changing configurations. The extraordinary accomplishment of Venice is precisely its extreme diversification, non-uniformity in a homogeneous experience. It is no mere chance that the street terminology here is of an unparalleled richness: calli campi fondamenta rive salizade sotoporteghi, every place asks to be named with resolute precision as if asserting its uniqueness. But I realise that I am unable to remember as many words for the waterways: canal, rio, and then? Either this is a question of the poor retention of my memory or our nomenclature for waterways is poorer and the Venetian lexicon does not do justice to the variety of forms the lagoon labyrinth introduces us to. In either case there could be a single explanation: water is the unifying element, its differentiation is given by the emerged places; the lagoon is a single level, while quays and bridges with their constant ascent and descent of steps introduce the element of discontinuity that is characteristic of the language’.
Calvino is almost obsessed by that extra dimension of the water.
‘Living in Venice and leaving aside the water does not mean finding yourself in the same condition as the inhabitants of other cities: you live in a city in negative. The imagination refuses to picture a dry Venice: if you try to imagine the canals dried up you see abysses open up between the banks, a nightmare city crossed by bottomless canyons. Or, in another sequence of the nightmare, the canals close up, heal, bringing the walls of the houses close together in narrow alleys (and yet a Venice like this exists, the Venice of the poor people of Castello).’
What do you think is the possible future reality of Venice?
‘You more and more often see the Venetian model appear in plans for the cities of the future. Such as in the town planners’ proposals to solve the traffic problem in London: roads for vehicles that pass down below while the pedestrians circulate on elevated roads and bridges. Water will always have a greater place in city life: in the period of transition we are about to go through, in which many cities will have to be abandoned or rebuilt from top to bottom, Venice, which did not go through the brief phase of human history in which it was thought that the future was of the motor car (only about 80 years), will be the city most able to overcome the crisis and indicate new developments from its experience.’
So Venice is a city of the future, not only of the past?
‘Yes, it is. And Venice will lose one thing, the fact of being one of a kind. The world will fill up with Venices, or rather Supervenices, in which multiple grids at different heights will overlap and link up: navigable channels, roads and canals for hovercraft, underground, underwater or elevated railways... It is in this frame that the future of Venice must be seen. Considering it in its historic-artistic fascination is to grasp only one aspect, illustrious but restricted. The strength with which Venice acts on the imagination is that of a living archetype that looks onto utopia.’
English translation by David Graham
Edito da Lineadacqua per il progetto ‘Gondola Days’ con l’Associazione Gondolieri di Venezia
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