BIONDO VENEZIANO
Un colore molto di moda nella Venezia rinascimentale
Vittore Carpaccio 'Due dame veneziane' (1490-1495) Museo Correr
BIONDO VENEZIANO
Schiarirsi i capelli al sole per ottenere il tipico colore dorato ‘biondo veneziano’, era una moda molto diffusa tra le donne di ogni età ed estrazione sociale nella Serenissima Venezia.
Era un rituale che le veneziane compivano salendo sulle altane, sopra i tetti delle case, indossando una tunica di tessuto leggero chiamata schiavonetto e mettendo in testa un cappello di paglia finissima senza calotta: solana (da qui probabilmente il detto ‘chiapar la solana’ cioè prendere un colpo di sole) con larghe tese, su cui spargere i capelli in modo che rimanessero esposti ai raggi del sole.
Il processo di schiaritura era facilitato da una sostanza cosmetica che veniva stesa con una spugnetta (sponzeta) imbevuta di un liquido che donava riflessi dorati, molto apprezzati e ricercati in quell'epoca, immortalati spesso nei dipinti dei grandi artisti del Rinascimento veneziano (Carpaccio, Tiziano, Tintoretto).
Il 'rosso Tiziano' che accende di luce le chiome delle protagoniste femminili nei dipinti del Maestro, è una precisa tonalità di 'biondo ramato', fascinosa arma di seduzione di cui le donne veneziane erano esperte.
La più antica ricetta per questa pozione di bellezza è quella trascritta da Arnaldo da Villanova, nel 1470, nei suoi Aforismi:
- Tuolli centaurea onze 4
- draganti gumma rabica ana onze 2
- sauon saldo onze 1
- lume de feza L. 1 e fa bollire
- e può te onzi li capilli al sole.
Nel 1555 viene pubblicato in Venezia un libretto con i segreti di cosmesi dell’arte del profumiere Giovanni Ventura Roseto Veneto, che prescrive:
“ A far li capelli biondi: pigliate calcina viva lire tre, litrigerio once tre, et lume di feccia et fareti bollire ogni cosa insieme in dodeci boccali di acqua, et fareti bollir finchè cali la terza parte, et lavaretevi il capo con liscia che sia cotta con la radice di cavoli over verze, et vedereti mirabili opera di bionda, et bagnatevi, et stareti al sole con la vostra solana solita”.
La strepitosa pozione ‘magica’ era anche venduta da erboristi, profumieri e muschiari (come si chiamavano allora gli esperti di prodotti per la cosmesi).
Erano molte le erboristerie ed i laboratori specializzati in arte aromataria sparsi in città, con le loro caratteristiche insegne.
Secondo i documenti dell'epoca, nel 1572 uno dei migliori erboristi era il pugliese Giacomo de Torelis, mentre in Campo Santa Maria Formosa erano molto frequentate la bottega con l'insegna 'dell'Orso' di Saba de' Franceschi e l'officina con l'insegna 'della Vecchia' in campo San Luca.
Domenico Ventura era però il più ricercato 'muschiaro' in città ed aveva il suo rinomato laboratorio in Mercerie, all’insegna 'del Giglio'.
Molto conosciuto ed apprezzato anche fuori dall’Italia, esportava i suoi prodotti per le nobili e le principesse di tutto il mondo.
Fonte: 'Le Altane di Venezia' di G. Bacchini Reale e E. Pasqualin
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