Tempest Project
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Descrizione
Lo spettacolo nasce da un lavoro di ricerca approfondita sulla Tempesta che Peter Brook e Marie-Hélène Estienne hanno voluto condurre al Théâtre des Bouffes du Nord per scoprire i diversi livelli di significato dell’ultima opera di Shakespeare, nel tentativo di afferrarne gli aspetti più elusivi legati al mondo metaforico della magia, che spesso risultano di difficile comprensione per attori e pubblico contemporanei. C’è una parola che risuona spesso in questo testo ed è: “Libertà”! Come sempre in Shakespeare, però, il significato non è mai dichiarato, ma sempre suggerito come in una cassa di risonanza. Ogni eco amplifica e nutre il suo suono. Qual è dunque il suo vero significato?
Al Teatro Goldoni continuano gli appuntamenti internazionali della stagione Scenari senza confini: dopo il successo di I was sitting on my patio di Bob Wilson, debutta a Venezia lo spettacolo Tempest project, una produzione diretta e adattata dal regista inglese e direttore del Théâtre des Bouffes du Nord di Parigi Peter Brook e da Marie-Hélène Estienne a partire della Tempesta di William Shakespeare.
Lo spettacolo, rappresentato in lingua francese con sovratitoli in italiano, nasce da un lavoro di ricerca approfondita sui diversi livelli di significato dell’ultima opera del Bardo, nel tentativo di afferrarne gli aspetti più elusivi legati al mondo metaforico della magia, che spesso risultano di difficile comprensione per attori e pubblico contemporanei. C’è una parola che risuona spesso in questo testo ed è: “Libertà”! Come sempre in Shakespeare, però, il significato non è mai dichiarato, ma sempre suggerito come in una cassa di risonanza. Ogni eco amplifica e nutre il suo suono.
Note di regia
La prima volta che mi avvicinai a The Tempest, molto tempo fa a Stratford, il risultato fu tutt'altro che soddisfacente. Sentivo che l'opera mi scivolava tra le dita.
La difficoltà risiedeva nel riuscire a esprimere in modo convincente il suo mondo soprannaturale. Cercai di utilizzare tutti gli effetti speciali che il teatro offriva, ma sentivo istintivamente che stavo seguendo una strada sbagliata.
Più tardi, nel 1968 a Parigi, decisi di affrontarle il testo di nuovo con attori provenienti da diverse parti del mondo. Trovavo interessante estrapolare alcune scene dello spettacolo per usarle come una sorta di base per vedere come potevamo reinterpretarle insieme. Il risultato è andato oltre ogni mia aspettativa.
Nell'Inghilterra elisabettiana il legame con la Natura non era ancora stato spezzato. Le antiche credenze erano ancora vive, il senso di “meraviglia” ancora presente nell’immaginario collettivo.
Oggi gli attori occidentali hanno tutte le qualità necessarie per estrarre dalle opere di Shakespeare ciò che riguarda la rabbia, la violenza politica, la sessualità, l'introspezione. Ma per loro è quasi impossibile raggiungere il mondo dell’invisibile. Invece nelle culture che chiamiamo “tradizionali” le immagini di dei, maghi e streghe sono ancora abbastanza presenti.
Interpretare un personaggio che non è reale, per un attore occidentale, richiede delle vere e proprie acrobazie. Per un attore che è stato cresciuto in un mondo di cerimonie e rituali, la via che conduce all'invisibile è spesso diretta e naturale.
The Tempest è un enigma. È una favola dove nulla può essere preso alla lettera, perché se restiamo sulla superficie dello spettacolo il suo nocciolo centrale ci sfugge.
Sia per gli attori che per il pubblico, è un’opera che si rivela giocando. È come la Musica.
C’è una parola che si ripete nell'opera: «Libero». Come sempre in Shakespeare il significato non è mai immobile, è sempre suggerito come in una camera acustica e ogni eco amplifica e nutre il suo suono.
Calibano vuole la sua libertà. Ariel vuole la sua libertà, ma non è lo stesso tipo di libertà.
Per Prospero la libertà non è un’idea definita ed è ciò che cerca per tutta l'opera. Il giovane Prospero, immerso nei suoi libri alla ricerca dell'occulto, era prigioniero dei suoi sogni. Sull'isola si potrebbe pensare che si sia liberato perché ha acquisito tutti i poteri magici che un uomo può apprendere, ma il mago gioca con poteri che non appartengono all'umanità: non spetta a un uomo oscurare il sole di mezzogiorno, né far uscire i morti dalle loro tombe.
All’inizio dello spettacolo usa tutti i suoi poteri per creare una tempesta così potente da fargli controllare la nave che trasporta suo fratello, il quale gli ha rubato il titolo di Duca. La vendetta lo divora e non ha ancora padroneggiato la sua natura, la sua tempesta. Nel mezzo della commedia inaspettatamente è messo davanti alla fine del suo esilio e si ritrova in pericolo di vita a causa di due ubriaconi e uno schiavo. Scappa con astuzia e umorismo, ma allo stesso tempo capisce che deve abbandonare la magia, che lui chiama la sua “arte”, e soprattutto che deve rinunciare per sempre al desiderio di vendetta.
Cresce: si rende conto che non può trovare la libertà da solo e che non può più rimanere sull’isola, ma deve restituirla al suo schiavo Calibano a cui apparteneva in origine, deve liberare il fedele spiritello Ariel, perdonare suo fratello e lasciare che l’amata figlia Miranda lo lasci per sposare Ferdinando.
E infine è il suo turno di chiedere la propria libertà, ma a chi?
A tutti noi.
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