Ea Vecia col Morter

La popolana che sbaragliò la rivolta di Bajamonte Tiepolo

'EA VECIA DEL MORTER', la popolana che da sola sbaragliò le schiere della Rivolta di Baiamonte Tiepolo.

Tra le fine del Duecento e l’inizio del Trecento a Venezia era in corso una lotta per la conquista del potere tra alcuni esponenti delle famiglie patrizie e quelle della ‘media borghesia’ che si erano arricchite con il commercio e gli affari e potevano contare su ingenti patrimoni.

Nel 1289 l’elezione del doge Pietro Gradenigo, esponente del ‘partito’ aristocratico, aveva creato non pochi malumori tra le fila di quello popolare, che sosteneva Jacopo Tiepolo per la massima carica del Maggior Consiglio.

Il 15 giugno del 1310, le famiglie Bajamonte e Tiepolo ordirono un piano per assaltare il Palazzo Ducale, uccidere il Doge ed impossessarsi del potere.

Ma l’assalto dei rivoltosi fu respinto e la leggenda vuole che alla vittoria delle guardie messe a protezione del Palazzo Ducale avesse contribuito una popolana, Giustina Rossi.

La donna, affacciatasi alla finestra per curiosare, avrebbe rovesciato per caso un mortaio sulla testa dell’alfiere che cavalcava accanto a Bajamonte Tiepolo, così che le schiere degli insorti, caduto il vessillo, si sarebbero date alla fuga.

Così racconta il Tassini: "(…) A pochi passi da l’Arco dell’Orologio, presso il Sottoportico del Cappello Nero (dal nome di un antichissimo albergo), sarebbero state affrontate e respinte (15 giugno 1310) le schiere di Bajamonte Tiepolo che aveva tentato un colpo di mano per rovesciare il governo repubblicano aristocratico e disfarsi del Doge Pietro Gradenigo".

A ricordare questo episodio, sopra l’arco fu posto un rilievo marmoreo: la “Vecchia del Morter”, e fu infissa nel pavimento una pietra con la data.

Ad ogni anniversario veniva poi esposta una bandiera dipinta (ora al Museo Correr) mentre: “la Signoria visitava, per rendimento di grazia, la Chiesa di San Vio, nel giorno del cui nome le schiere dei congiurati erano state disperse".

Un manipolo di congiurati fu fermato ed arrestato presso campo San Luca e, per ricordare l’evento, vi fu posto un cippo portabandiera sulla cui asta, nei giorni di festa (soprattutto il 15 giugno) veniva issato il gonfalone per ricordare lo sventato pericolo.

Il cippo attuale, ancora oggi ben visibile al centro del campo, è del 1913 e porta incise le date 1310 (quella originaria), del 1791 (quella del secondo cippo) e 1913 (anno dell'installazione di quello presente) tutte incise in numeri romani.

La repressione contro i congiurati fu tempestiva e spietata: alcuni dei Palazzi dei personaggi coinvolti nella rivolta furono abbattuti.

In particolare due delle arcate del Mercato del Pesce di Rialto avrebbero fatto parte della Residenza 'Ca’ Granda' della famiglia Querini, che aveva partecipato alla congiura.


 

Fonti: G. Lorenzetti "Venezia e il suo estuario" ; Wikipedia

 

 

 
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