Baron Corvo | Authentic Venetian

di Pieralvise Zorzi

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L’ #AuthenticVenetian che voleva essere papa e morì poeta.

Alla fine dell’800 Venezia è una città piena di contraddizioni. Definitivamente svanito nell’annessione al Regno d’Italia ogni sogno di un possibile ritorno alla Serenissima, la città vive fortissimi contrasti. Da un lato qualche vivido sprazzo di bellezza e di ricchezza, alimentate ancora dai nuovi residenti internazionali che possiedono ed abitano alcuni grandi palazzi; dall’altra la miseria, l’abbandono, l’inizio della “depressione veneziana” ed una certa corruzione di costumi, quasi una continuazione delle mollezze di fine ‘700.

La grande differenza dal secolo passato è che nell’800 e nei primi del ‘900, cadute le severe leggi della Repubblica, Venezia si afferma come una meta prediletta dell’élite omossessuale mondiale: dai Principi di Polignac a John Singer Sargent, da Sergej Diagilev a Vaclav Nijinskij, da Cole Porter a, anche se più tardi, De Pisis.

Venezia chiama a sé artisti, musicisti, poeti romantici ma non solo: attratti da una città che promette libertà, fermento intellettuale e le grazie di giovanissimi e prestanti gondolieri disposti a tutto arrivano a Venezia anche eccentrici dissoluti che, riflettendo specularmente l’immagine della città, si trasformano in #AuthenticVenetian. Tra questi, il più strambo è forse Frederick William Rolfe, meglio noto come Baron Corvo.


Frederick William Serafino August Lewis Mary Rolfe era nato a Cheapside, Londra, nel 1860. Spirito eternamente irrequieto, voleva farsi prete ma il suo caratteraccio e la sua condotta lo avevano fatto cacciare dal Seminario. Miglior sorte aveva trovato a Roma, dove la sua eccentricità gli aveva attirato la simpatia della Duchessa Cesarini Sforza che lo aveva adottato come nipote e coniato il suo soprannome preferito.

Ha i capelli rossi tagliati corti, il pince-nez sul naso quando approda a Venezia nel 1908 e la sua vita è già definitivamente marchiata da un carattere rabbioso, paranoico, bipolare, dall’alternarsi di ferocia e dolcezza, sarcasmo e romanticismo, ma soprattutto del reprimere ed esprimere la propria omosessualità che viveva come una maledizione a cui non sa resistere.

Si sistema al quarto piano di Ca’ Marcello alla Maddalena, la casa dove era nato nel 1686 il compositore Benedetto Marcello. Il primo segno della trasformazione in #AuthenticVenetian, anche se lui stesso definisce la sua abitazione “questa baracca di un palazzo”.

A sinistra, Ca' Marcello (Photo Credits: Tony Hisgett, CC BY 2.0)

Avrebbe desiderato di essere Papa, e come Adriano VII, il Papa protestante, si dipinge in un suo libro. In preda alla sua mania religiosa porta al collo un crocefisso da vescovo e arreda le stanze con pesanti tendaggi rosso cardinale. Scrive freneticamente con una enorme stilo Waterman, fotografa, dipinge. Non ha mai un soldo e quando li ha li spende immediatamente in lussi inutili molto ma molto #AuthenticVenetian: pranzi, libagioni, e addirittura una gondola a quattro remi, dove lo scrittore americano John Cowper Powys lo vede mollemente steso su pelli di lince e leopardo.

Quando ha finito i soldi dorme in barca a Sacca Fisola rischiando di essere mangiato vivo dalle pantegane o al Lido, dove i Carabinieri lo fermano scambiandolo per un ladro di sale. Passa lunghi periodi praticamente digiuno, sbarca il lunario grazie al sostegno degli amici e di chi ne apprezza il talento, salvo poi litigare furiosamente con loro e strappare i conti senza pagarli.

Scatena un putiferio al funerale di Lady Layard, la moglie di Henry Layard, scopritore di Ninive e grande collezionista d’arte, padrone di Ca’ Cappello a San Polo: grida che si getterà in acqua, invece si limita a profferire orribili improperi all’indirizzo del feretro. La comunità britannica non lo sopporta più. Sempre meno inglese, Baron Corvo diventa sempre più #AuthenticVenetian.

Diventa membro della remiera Bucintoro, si compra un sàndolo che voga alla veneziana, in piedi, su cui praticamente vive. Cade in acqua, risale in barca con la pipa stretta tra i denti, la riaccende e voga via, tra l’ammirazione generale dei giovani gondolieri, prestanti, venali e spregiudicati, tra cui lui sceglie i suoi amanti che descriverà con imbarazzante dovizia di particolari al suo amico Charles Masson Fox nelle sue Venice Letters. In particolare il suo fedelissimo Gildo, Zildo in veneziano, che trasformato in Zilda diventerà protagonista di Il Desiderio e la ricerca del tutto.

Disegno di sàndolo veneziano

Viene trovato morto nel suo letto il 25 ottobre 1913. Il Console inglese che ne constata la morte getta tutte le sue carte e le foto in acqua, troppo imbarazzanti per poter essere viste. La degna conclusione di una vita da #AuthenticVenetian, immagine speculare della splendida decadenza di Venezia.
 

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